Le Rimembranze. Idillio (1816)

Da wikileopardi.


Le Rimembranze.
Idillio.


1 Era in mezzo del ciel la curva luna,
2 E di Micon la povera capanna
3 Sol piccola da un lato ombra spandea.
4 Chino sul destro braccio, ed appoggiando
5 Alle ginocchia il cubito, dell’uscio
6 Sul facile gradin sedea Micone.
7 Egli era tristo e muto. Il tenerello
8 Dameta il figliuolin, che ad ogni istante
9 Temea la mamma udir chiamarlo al sonno,
10 Scherzavagli d’intorno, e saltellando
11 La mano gli prendeva, e or d’una cosa,
12 Or d’altra il ricercava: un panierino
13 Mostravagli talor da lui tessuto,
14 Talor raccolto un fresco fior, talora
15 Nella socchiusa man lucido insetto
16 Sorpreso in aria da sagace colpo:
17 E il rimirava in faccia, e avidamente
18 Plauso chiedea col guardo, e col sorriso.
19 Quel, serio, e taciturno a stento ai detti
20 O a fuggitivo riso i labbri apriva.
21 Alfin proruppe:

Micone

                                    O amabile Dameta,
22 Dì, figlio mio, del tuo maggior fratello
23 Non ti ricordi tu? più non rammenti
24 Il tuo Filino? Ei t’ha lasciato, e un anno
25 È che nol vedi più. Le prime rose
26 Spuntavano, com’or, su quella fratta,
27 Quando, i suoi giuochi abbandonati, il vidi
28 Seder pallido, e muto. Io gli chiedea:
29 Figlio, perchè qui sei? perchè non giuochi?
30 Perchè non vai con tuo fratello al prato?
31 Su scendi a sollazzarti. Hai forse male?
32 Nò, padre, ei mi dicea, no, nulla io sento,
33 Ma stanco io sono, e qui riposo; or ora
34 Tornerò con Dameta a trastullarmi.
35 Così sempre ei dicea, ma sempre il male
36 Più gli apparia sul viso. Un dì di Festa
37 Alfine ei si levò l’estrema volta,
38 Poi più non sorse. Oh come, allor che a casa
39 La sera mi vedea tornar dal campo,
40 Lieto in chiamarmi mi tendea le mani,
41 E la mia mi baciava, e mi chiedea
42 Se stanco fossi, e sempre a se vicino
43 M’avria voluto. Un giorno alfin (dimani
44 Quel dì funesto riconduce il sole)
45 Mi levai, corsi a lui, chino sul letto
46 Gli diedi un bacio, e come stasse il chiesi.
47 Ei più non rispondea: l’occhio mi volse
48 Cui luccicante lacrima copria:
49 Ma nulla dir potè, più non dischiuse
50 Il moribondo labbro. Un opportuno
51 Rimedio al male, il vecchio Alcon, quel Saggio,
52 Cui sì spesso vedesti, e cui sì spesso
53 Della villa consultano i pastori,
54 Indicato ci avea. Per procacciarlo
55 Impaziente alla città mi volsi.
56 Saliva il sole in cielo, e la marina
57 Di lontano splendea: Ma la campagna
58 Era tacita ancor. Passai non lungi
59 A quell’alto palagio, che alla luna
60 Or vedi biancheggiar dietro alle piante,
61 Colà vicino alla maestra via.
62 Della villa i Signori eran sepolti
63 Nel dolce sonno del mattin. Pur vidi
64 Aperta un finestra, intorno a cui
65 Sporgea ferrea ringhiera, e dentro l’ampia
66 Camera Signoril, sul pavimento
67 E il lucido apparato, che l’opposta
68 Parete ricopria, dal sol dipinta
69 L’immagine mirai della finestra:
70 A cui dinanzi con negletta veste
71 Un dei servi passar vidi, che intento
72 Sulla scopa pendea. Quanto lugubri
73 Per me fur quei momenti! Alla cittade
74 Giunsi, tolsi il rimedio, e qua tornai.
75 Fra speme, e fra timor, tremante, incerto
76 Entrai sospeso..Morto era Filino.
77 Pallido il rimirai: finito io vidi
78 Il respirar sulle gelate labbra:
79 Serrate le palpebre, e rilucenti
80 Pel ghiacciato sudor l’umide chiome.
81 Ahi mio Filino! Da quel tempo ancora
82 Quel mesto orror, quei funebri momenti,
83 Quel tristo dì dimenticar non posso.

Dameta.

84 Ben men sovvengo anch’io: che nel levarmi
85 Quella mattina, oltre l’usato io vidi
86 Trista la mamma. Al mio Filino io tosto
87 Correr volea: ella il vietò, mi disse
88 Che ancor dormiva, e uscir mi fece al prato.
89 Ma nel tornar con festa, e saltellando
90 Pianger la vidi. Io m’acchetai, pian piano
91 Le venni appresso, e presale la gonna,
92 Mesto le dimandai perchè piangesse.
93 Ella china abbracciommi, ed appoggiando
94 Alla mia la sua fronte, ah figlio, disse,
95 Caro Dameta mio, Filino è morto.
96 Allor piansi ancor io. La mamma invano
97 Trattenermi volea: poi ch’ella il guardo
98 Rivolse altrove, al letticciuolo io corsi
99 Del mio caro Filin. Fiso dapprima
100 Il rimirai, poi sullo smorto viso
101 Mille baci gli diedi, e colla mano
102 Toccai la fredda guancia, e gli occhi chiusi
103 Di riaprirgli cercai. Deh quanto io piansi
104 In veder come più non si movea!
105 Filin! fratello! io gli diceva, oh Dio!
106 Tu non mi vedi più.. Che far giammai
107 Potrò senza di te? Quanto t’amava!
108 Quanto m’amavi! Alla selvetta, al prato
109 Sempre eravamo insieme: oh quante volte
110 Corremmo a gara, e a gara tra le foglie
111 Cogliemmo i più bei fior! quante sull’erba
112 La sera assisi al raggio della luna,
113 Cantammo insiem! Tu m’insegnavi il suono
114 Sopra le canne a modular, che spesso
115 Di tua man mi apprestavi; o a far panieri
116 Per empirli di fiori; o a lanciar sassi
117 A un albero lontan. Spesso nel bosco
118 Tendemmo insidie agli augelletti, e insiem
119 Ci partimmo la preda. Entro un canneto
120 Spesso nascosto io l’amor tuo cercai
121 Deludere un momento: ansioso allor
122 Tu di me givi in traccia. Il riso mio
123 O lo scrosciar delle vicine canne
124 Mi tradiva talor: tu mi scoprivi,
125 E lieto a me correvi, e in abbracciarmi
126 Del mio crudo piacer mi riprendevi.
127 Oh quanto ci amavamo! Ah tutto tutto
128 È finito per noi. Caro fratello
129 Tu mi lasciasti. Al gioco, in casa io sempre
130 Solo restar dovrò? No che la vita
131 Menar più non potrei.. Caro Filino,
132 Ah tu moristi, ah morir voglio anch’io.
134 Egli piangea. Tra le ginocchia il prese
135 Il buon Micone, e gli asciugava il pianto
136 E consolando il gia.

Micone

                                             Diman condurti
137 Alla cittade io vò, diman la tomba
138 Ti mostrerò di tuo fratello, e voglio
139 Che venga insiem con noi la mamma ancora.
140 Ah figlio! ah tu sei morto! Il padre tuo,
141 Che sì t’amò, dimenticar sapresti?