Abbozzo Per una donna inferma di malattia lunga e mortale (1819)

Da wikileopardi.

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Per una donna malata di malattia lunga e mortale.

Io sapeva bene che beltà non vale ec. né giovinezza contro
la morte, ma ogni volta che ne vedo una prova non me ne do
pace. ec. Ora dunque tocca a te? ec. poverella poverella, oh
Dio consolati, non morrai, non è possibile, morrei anch’io
ec. tanto bella, tanto candida e buona, tanto giovane ha da
morire? Che è quel tuo viso così languidamente afflitto che
par dire sono una sventurata, merito compassione, compatitemi
se volete ec. Ahi ahi a chi mi porta triste nuove di lei
che pur non m’appartiene cerco di sofisticare di patteggiare
per farle men cattive, ma inesorabili combattono ogni mio
argomento e mi dimostrano che quelle son pessime e non c’è
speranza. ec. Ma non possiamo far niente per lei? per carità,
voglio andar io, veder s’è possibile, consultiamo i fisici, qualche
rimedio. Niente. poveri mortali contro la morte né nostra
né altrui non possiamo niente. Ed io ti vedrò morire o
sfortunata struggendomi e stendendo le braccia e pregando
tutti i numi, e affannandomi invano ch’io non posso non
posso nulla. Dunque morrai o cara? sì: io mi dispero. Almeno
ch’io la consoli. Cara mia confortati. Oimè sei vissuta
innocente ec. tutto ti può far la fortuna ma non toglierti la
virtù della tua vita: oh non piangere se mai… anch’io son
giovane e ti verrò dietro tosto tosto, e poi la vita è già tanto
breve per tutti. Oimè tu pure saresti stata capace di peccato,
anch’io, io che ec. tutti, ora muori innocente.

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