Per una donna inferma di malattia lunga e mortale (1819)

Da wikileopardi.


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Per una donna inferma di malattia lunga e mortale

1     Io so ben che non vale
2 Beltà né giovanezza incontro a morte;
3 E pur sempre ch’io ’l veggio m’addoloro:
4 Che s’io nol veggio, il mio desir prevale,
5 Tanto ch’io spero pur che l’enea sorte
6 Altrove ad altri casi ad altri tempi
7 Riservi i tristi esempi;
8 Fin che dal mal presente è sbigottita
9 La misera speranza.
10 Com’or che a l’occidente di sua vita
11 Veggio precipitar questa dogliosa,
12 Poi ch’altro non m’avanza,
13 Già mai di lagrimarla io non fo posa.

14     Ed è pur tanto bella
15 E tanto schietta e in così verde etade,
16 E poco andrà ch’io potrò dire, è morta,
17 È morta e non risponde: ahi poverella!
18 Che dolor, che lamento, che pietade,
19 Chiusi quest’occhi, e morto questo volto,
20 E ’l popolo raccolto
21 Dirle per sempre addio, ch’esser doveva
22 Tanto tempo fra noi;
23 Or non so chi né come ce la leva:
24 Solo a pensarlo mi si schianta il core,
25 Ben ch’i parenti tuoi
26 Son d’altro sangue, e tu sei d’altro amore.

27     Quando de l’infelice
28 Viemmi talun recando aspre novelle,
29 Mi studio quanto so farle più levi:
30 Chi sa? dunqu’esser puote? or chi tel dice?
31 Tal patteggiando vo con quello e quelle:
32 Ma d’ogni patto il nunzio si disdegna,
33 E quanto può s’ingegna
34 Ch’io creda ch’e’ non disse altro che vero,
35 E provando mi scaccia
36 D’ogni rifugio in sin ch’io mi dispero,
37 E veggio ben che tu ci lasci soli,
38 E la tua bella faccia
39 Poco può star che sempre a noi s’involi.

40     Deh che mostra per Dio
41 Quel sospiroso e languido sembiante
42 Che par che dica, io di pietà son degna,
43 Che nacqui sfortunata. Io ’l so ben io,
44 Tristo me tristo me; questa di tante
45 Sventure ch’io sostenni è la più dura.
46 Ahi ahi, ma così pura
47 E così vaga, dì, forse che stai
48 Temendo di morire?
49 Non temer, non temer, che non morrai;
50 Non può mai far. Non vedi? io pur saria
51 (Che t’ho certo a seguire)
52 Vicino a morte, e son quello di pria.

53     Dico ch’io t’ho per certo
54 A seguitar, che s’a la tua non viene
55 Dietro la vita mia, partir non puote;
56 Né so perchè, ma pur mi sembra aperto,
57 Ben che d’amarti il vanto altri si tiene.
58 Ch’io dica, è morta quell’istessa, quella
59 Ch’io veggio? e mi favella?
60 Or s’ella è morta, ed io come son vivo?
61 Questo io so che mai vero
62 Non fia, ch’a intender pure io non l’arrivo.
63 Fa cor fa cor, che senza fallo alcuno,
64 Passato il tempo nero,
65 Conterem questi affanni ad uno ad uno.

66     Misero me, che invano
67 Lusingando me stesso a un tempo e lei,
68 Rinforza il male, e ’l gran dolor s’accosta.
69 Deh per pietà non sia cor sì villano
70 Che non si mova a sovvenir costei;
71 Deh troviam qualche via, troviam qualch’arte,
72 Che questa se ne parte,
73 E s’altri non l’aita, ha poco andare.
74 Oimè nulla non giova?
75 Io non so far che ’l creda: io vo’ provare
76 Io stesso, io vo’ vedere. E ’l veggio bene,
77 Sciaurato, per prova
78 Che disperarmi al tutto mi conviene.

79     Poveri noi mortali
80 Che incontro al fato non abbiam valore.
81 Sta come sconcio masso, e noi ghermito
82 Meglio che può con queste braccia frali,
83 Poniam di sbarbicarlo ogni sudore;
84 Ma quello è tal da poi, qual fu davante.
85 Ed io pregando quante
86 Possanze ha ’l cielo, e tutto foco in faccia,
87 E ambasciato e sudato,
88 E stese fortemente ambe le braccia,
89 Perir vedrotti, ch’io nulla non posso
90 A contrastarlo, e ’l fiato
91 Tardar che da’ tuoi labbri in fuga è mosso.

92     Dunque o donna, morrai?
93 Sì certo, sì, né cosa altra mi resta
94 Se non che moribonda io la consoli.
95 O cara mia, confortati: se mai
96 Tua gente e me con lei tutta funesta
97 Vorrà far Dio, ripiglia cor: natura
98 N’ha fatti a la sciaura
99 Tutti quanti siam nati. Anima mia,
100 Non pianger: gli occhi gira;
101 Qual puoi veder che misero non sia?
102 Ben che ti par, non ti verrà trovato.
103 Or poi che si sospira
104 E piange invano, offriamci al nostro fato.

105     Vero è che la fortuna
106 È teco più spietata che non suole
107 Che ’l fior di giovanezza ti rapisce:
108 Pur datti posa; han di piacere alcuna
109 Sembianza i mali estremi. Or vedi, il sole
110 Non andrà molto ch’io sarò sotterra,
111 Che se ’l veder non erra,
112 Anche a me breve corso il ciel misura;
113 E pur di mia giornata
114 Son presso a l’alba, né di morte ho cura,
115 Che qual mai visse più, quei visse poco,
116 E chi diritto guata,
117 Nostra famiglia a la natura è gioco.

118     Ma questo ti conforti
119 Sopra ogni cosa, ch’innocente mori,
120 Né ’l mondo ti spirò suo puzzo in viso.
121 Tutti tuoi pari andran tosto fra’ morti,
122 E avranno il più di lor fracidi i cori;
123 Che questo mondo è scellerata cosa,
124 E quel mal che non osa
125 Candida gioventute, è scherzo al vile
126 Senno d’età provetta,
127 E nefanda vecchiezza; e in cor gentile
128 Quel che natura fe’ spegne l’esempio,
129 Tanto che poco aspetta
130 Quel giusto ed alto a farsi abbietto ed empio.

131     E te pur lorda avria
132 L’indegna mota che sei tanto bianca;
133 Tutti, qualunque ha più robusto il petto,
134 Io de’ malvagi io fora o donna mia,
135 E sarò pur se ’l tempo non mi manca,
136 Che virtù prezzo più che gioventude,
137 E se virtù non chiude
138 Fuggo beltà che pur m’è tanto cara;
139 Me, s’io non ho già presso
140 L’ultimo sol, me di sua pece amara
141 Imbratterà la velenosa etade,
142 E questo core istesso
143 Fia di malizia speco e di viltade.

144     Or ti rallegra o sventurata mia:
145 Tutto ti toglia l’implacanda sorte;
146 Non l’innocenza de la corsa vita
147 Non ti torrà né morte
148 Né ’l cielo né possanza altra che sia.
149 Fra nequitosa gente,
150 Qual se’ discesa, tale a la partita,
151 Cara, o cara beltà, mori innocente.


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