Avvicinamento della morte (1816-1818) Canto III
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Canto III.
1 I’ lagrimava già per la pietate
2 Di quella miser’alma che perduta
3 Avea suo fallo e altrui crudelitate,
4 E ’l ciglio basso e la bocca era muta
5 Quando ’l celeste, Guata là quel duce,
6 Disse, ch’ha man grifagna ed unghia acuta.
7 È l’Avarizia e dietro si conduce
8 Gregge che ’n vita fu de l’oro amico
9 Non perchè val tra voi, ma perchè luce.
10 Del nome di que’ duri io non ti dico
11 Che non sudar perchè ’l sapesse ’l mondo
12 Quando lor tempo avria chiamato antico.
13 Ve’ ch’han sul collo di gran soma pondo,
14 E van carpone e ’l capo in giù pendente
15 Sì che lor faccia è presso d’ogn’immondo,
16 Però che prona al suolo ebber la mente
17 E di gloria e del ciel non ebber cura
18 Vivendo in terra come morta gente.
19 Or vedi quanto è trista e quanto è dura
20 Vostra vita mortal che ’l fango e ’l fimo
21 Più che la gloria e ’l ciel per voi si cura.
22 Ben sete fatti di terrestre limo,
23 Che tanta gente cerca morta terra
24 Per lo suo fine e per l’autor suo primo.
25 E pur bell’alma vostro corpo serra
26 Perchè ricerchi e trovi ’l sommo Amore
27 Che pace è vostro fin non questa guerra.
28 Qui tacque e venne pallido ’l chiarore,
29 Ch’iva aliando fosca tenebria
30 Come nottola oscena in quell’orrore.
31 Venia Gigante altissimo e ’l seguia
32 Lunghissim’ombra piena di spavento,
33 Cieco così che brancolando gia.
34 Correa da prima ratto come vento
35 Poi tenne ’l passo per lo bujo calle
36 Sì ch’iva al fine come neve lento:
37 Gli era infinito esercito a le spalle
38 E di voci facea tanto certame
39 Che tutta piena d’eco era la valle.
40 Ivan latrando quelle genti grame
41 E su lor crespa fronte e su la cava
42 Lor mascella parea seder la fame.
43 Al lume i’ li scorgea che s’avventava
44 Da le Angeliche forme di visi smorti
45 E men chiaro e più fioco ritornava.
46 Questi tenner sentieri oscuri e torti
47 In cercar verità, lo Spirto disse,
48 D’errar volonterosi, o malaccorti.
49 Vedi colui che così presto visse,
50 Zoroastro inventor di scienza vana
51 E quel che ’nsegnò tanto e nulla scrisse.
52 I’ dico ’l Samio mastro che l’umana
53 Mente fe’ vil così che la ridusse
54 A starsi co le fere in bosco e ’n tana:
55 E quel da Citte che tanta produsse
56 Gente al dolor sì come al piacer dura,
57 E l’Abderita che la mente strusse.
58 E la cinica turba che sicura
59 Da error non fu sotto ’l cencioso panno
60 E ’l lercio duce de la mandra impura.
61 Ve’ come soli e pensierosi vanno
62 Socrate e Plato e ’l magno di Stagira
63 Sdegnando ’l gregge e lo comun tiranno.
64 Guata là que’ nefandi pieni d’ira
65 Contra l’Eterno, sopra la cui testa
66 Solcato da baleni un turbo gira.
67 E sentili ulular come foresta
68 Allor che ’nfuria ’l vento e che rimbomba
69 Per l’aer fosco voce di tempesta.
70 Oh quanta gente è qui che ne la tomba
71 Non è fatta anco polve oh quanta gente
72 Al disperato lago or tra lei piomba!
73 Come bulica giù l’onda bollente
74 Di color cui fe’ vano il grande acquisto,
75 Spietato inganno di corrotta mente!
76 Oh menti sciagurate, oh mondo tristo!
77 Cui lo pensier del vero tanto spiace
78 Che par vergogna il ragionar di Cristo!
79 Già contra ’l ciel latrava ed or si tace
80 Tua gente in guisa d’uom che non si cura
81 Come a Dio conceduto abbia la pace.
82 Vedi, soggiunse, o figlio com’è scura
83 Vostra terrena via piena di doglia
84 E com’è fral quaggiù vostra natura.
85 Che tanta gente di seguir s’invoglia
86 Quel Gigante colà ch’è ’l tristo Errore
87 E tanta ignara il fa contra sua voglia.
88 Quanti cercar saggezza e saldo onore
89 Che trovar fama tetra e falsitate
90 E lor fu vano il trapassar de l’ore!
91 Oh savissime sole oh avventurate
92 L’alme che ricercar del Sommo Bene!
93 Fumo già non trovar nè vanitate.
94 Dier soda meta a lor non dubbia spene
95 Bramando uscir di questa terra bassa,
96 U’ torpe error che così presto viene.
97 Però ’l Gigante che tant’ombra lassa
98 Sopra ’l dolente esercito seguace
99 Venne sì ratto e così lento passa.
100 Già la piaggia parea tornare in pace
101 Pel lontanar di quella turba folta
102 Sopra cui ’l lume eternamente tace.
103 Da lungi la s’udia, come talvolta
104 Di nembo cui sul mar lo vento caccia
105 L’urlar tra l’onde e ’l mormorar s’ascolta,
106 O notturna del mar cupa minaccia
107 Per che ’l villan che presso il turbo crede
108 Si desta e sorge ed al balcon s’affaccia.
109 Allor ch’a un tratto sì come si vede
110 Campo d’aride canne incontro al sole
111 Quand’e’ co’ rossi raggi a sera il fiede,
112 O come andar tra noi di faci suole
113 Notturno stuol di Cristo appo ’l feretro
114 Il dì che di sua morte il ciel si dole,
115 Cotal m’apparse in mezzo a l’aer tetro
116 Un lampeggiar di scudi e lance e spade
117 Che tremolava intorno a fero spetro.
118 Sua scossa asta parea grandin che cade
119 Con alto rombo giù da nugol nero
120 Su i tetti rimbalzando e per le strade.
121 Tentennava sua testa atro cimiero
122 E in rossa striscia il nudo acciar pendea
123 Digocciolando sangue in sul sentiero.
124 Iva la fera e ovunque il piè movea
125 Tutto di un foco il suo calle segnava
126 Che via tra l’erbe tortuoso ardea.
127 Ve’, l’Angel disse, la crudel che lava
128 Col sangue i campi e col brando rovente
129 Fa tante piaghe e tante fosse scava.
130 Altro costume de l’umana gente;
131 Cacciar lo ferro gelido e la mano
132 Del prossimo nel corpo e del parente:
133 Correre e disertar lo monte e ’l piano
134 E ’n un giorno e ’n un punto l’opra e ’l frutto
135 Di sudor molto e molta età far vano:
136 Strugger mura arder tempi e farsi brutto
137 Di cenere e vestirsi di terrore
138 E ingojar le città sì come flutto:
139 Guastar campagne e al pavido cultore
140 Messa la man tra le sudate chiome
141 Di sua casuccia strascinarlo fore:
142 Brillar tra morti e ’nsanguinati, come
143 Lion che ’n belva marcida si sfama,
144 Rider tra genti lagrimose e dome.
145 Dunque far solo il mondo è vostra brama,
146 E ’l viver vostro è per l’altrui morire,
147 E sì tra voi si viene in seggio e ’n fama?
148 Ve’ di quegli aspri le sembianze dire
149 Lo cui passaggio al mondo fu guadagno
150 E ’l natale e la vita fu martire.
151 Mira colui che nome ebbe di Magno
152 E fe’ di sangue Egizia frode rossa,
153 E ’l Pelide che piange suo compagno,
154 E Guerra maladice e la sua possa
155 E presso ha ’l re de’ re che ’l Teucro lido
156 Coprì di spoglie sanguinose e d’ossa.
157 E vincitor perì di ferro infido,
158 E per Guerra perdè la luce e ’l regno:
159 E quel che ’nvan divenne a tanto grido,
160 Il Macedone i’ dico ch’ha disdegno
161 Però ch’ir vana da la morta valle
162 Di sua man l’opra vide e di suo ’ngegno.
163 E Ciro e Brenno e Pirro ed Anniballe
164 Che grandi un tempo e fur meschini allora
165 Che fortuna lor dato ebbe le spalle.
166 E come Sol per nembo si scolora,
167 Vider lor fama intenebrarsi e poi
168 Venir pallida e muta l’ultim’ora.
169 Così passa fortuna de gli Eroi,
170 E la gran mole in un sol dì fracassa
171 Che tanto pianto fe’ versar tra voi;
172 Com’onda a gli astri sorta che s’abbassa
173 E cade in un baleno e al pian s’agguaglia
174 E di suo levamento orma non lassa.
175 Tacque e cadeva ’l suon de la battaglia
176 Che giva di colei per lo sentiero
177 Che tutto ’l mondo misero travaglia.
178 E seguiva altro mostro onde più fero
179 Non vede orma stampar su neve o sabbia
180 Lo Scita algente o l’avvampato Nero,
181 Aveva umane forme e umana labbia
182 E passeggiar parean la guancia scura
183 L’invidia fredda e la rovente rabbia.
184 E a suo passaggio abbrividir natura
185 Stridere il vento ed ondeggiar le piante
186 Scrollando i rami come per paura.
187 Nel buio viso l’occhio fiammeggiante
188 A carbon tra la cenere che splenda
189 Solingo in cieca stanza era sembiante,
190 Al crin gli s’attorcea gemmata benda
191 E sangue gli fluia giù per la vesta
192 Come goccia che strisci e si rapprenda.
193 Regio manto spandea su la sua pesta
194 Una gran falda: ed egli ogni momento
195 Il serto si cercava ne la testa.
196 Parea pien di sospetto e di spavento,
197 Guardava intorno, e tratteneva il passo
198 Al suon de’ rami e al transito del vento.
199 Ecco ’l gran vermo d’uman sangue grasso
200 Lo qual però che ’l mondo ha ’n sua balia
201 Ben vi conviene andar col ciglio basso.
202 Ecco ’l figliol di vostra codardia
203 Cominciò quegli, ecco la belva lorda
204 Ecco la perfid’, ecco Tirannia.
205 Quella che sempre vora e sempre è ’ngorda
206 Quella ch’è cieca come marmo al pianto
207 Quella ch’è al prego come bronzo sorda.
208 O mondo gramo, e se’codardo tanto
209 Ch’uom su tuo’ seggi può seder sicuro
210 Di sangue intriso la corona e ’l manto?
211 E quando etade ha suo passar maturo
212 Passa ’l tiran già sazio e allor pur anco
213 Trovar chi ’l biasmi e chi l’accusi è duro?
214 E di soffrir quest’orsa non se’stanco
215 Che ti ficca e rificca l’unghia e ’l dente
216 Nel rosso petto e ’n lo squarciato fianco?
217 O sciagurato mondo o età dolente
218 O progenie d’abisso atri tiranni
219 O infamia eterna de l’umana gente!
220 Quest’è la bestia che da’ tuoi verd’anni
221 T’arse di rabbia e del cui lercio sangue
222 Tinta bramasti aver la mano e i panni.
223 Quest’è l’orribil idra, quest’è l’angue
224 Che gonfia sopra ’l mondo alza la cresta,
225 Perchè virtude è morta e ’l saper langue.
226 Vedi come la piaggia si fa mesta
227 Al passar de la fera, e ve’ ’l pugnale
228 Ch’ha per iscettro e ’l sangue che calpesta.
229 Vedi ’l nefando stuol che fu mortale
230 A lo sgraziato mondo e da cui ’l mondo
231 Non ebbe che ’l campasse brando o strale.
232 Vedi Tiberio là, vedi l’immondo
233 Gregge di que’ che ne l’età più nera
234 Italia tua gravar di tanto pondo.
235 Ve’ ’l furbo più vicin che spinse a sera
236 La libertà Romana e n’ebbe fama
237 E ancor d’amici al mondo ha tanta schiera.
238 Ve’ Periandro lo tristo che brama
239 Tenne d’aver tra’ Greci Saggi onore
240 E sua Corinto misera fe’ grama.
241 Pur ve’ che di vergogna e di furore
242 Arse talor la gente ed avventosse
243 Col nudo ferro del tiranno al core.
244 Allora Armodio vidi ch’avea rosse
245 Le man de l’empio sangue e per man rea
246 Cadde e per fama a un punto rilevosse.
247 E ’l gran Corintio vidi che piangea
248 Sul prosteso fratel che venia manco
249 Pel colpo onde suo brando lo spegnea.
250 E Bruto del tiranno aprir lo fianco
251 E del Romano Imperador primiero
252 Squarciato ’l petto vidi e ’l volto bianco.
253 I’ tenea ’l guardo fiso ed il pensiero
254 A quella truce vista, allor che sparse
255 Ogni chiarore e ’l ciel si fe’ più nero.
256 E ’n un momento ’l vidi spalancarse:
257 Uscinne un tuono e un fulmine strisciosse
258 Per l’etra e su la fera cadde e l’arse
259 E misto di faville un fumo alzosse.
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