B24 ANNOTAZIONI p. 132

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stessa dignità, volendo accostarsi più che po-
tessero alla natura, la quale non sa e non
vuole stare nè sul grave nè sull’attillato quan-
do è stretta dalla passione. E finalmente non
voglio dire che se cercherai le Poetiche e
Rettoriche antiche o moderne, troverai que-
sta pratica, non solamente concessa nè com-
mendata, ma numerata fra gli accorgimenti
necessari al buono scrittore. Lascio tutto que-
sto, e metto mano all’arme fatata dell’e-
sempio. Che cosa pensiamo noi che fosse
quell’io che troviamo in Orazio due volte
nell’Ode seconda del quarto libro (1), e due
nella nona dell’Epodo (2)? Parola, anzi grido
popolare, che non significava altro se non se
indeterminatamente l’applauso (come il no-
stro Viva), o pure la gioia: la quale per
essere la più rara e breve delle passioni, è
fors’anche la più frenetica; e per questo e
per altri molti rispetti, che non si possono
dare ad intendere ai pedagoghi, mette la di-
gnità dell’imitazione in grandissimo pericolo.

(1) v. 49, 50.
(2) v. 21, 23.