B26. Epistola al conte Carlo Pepoli p. 49

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95 Perseguitando, e chi la propria gente
96 Conculcando e l'estrane, o di remoti
97 Lidi turbando la quiete antica
98 Col mercatar, con l'armi e con le frodi,
99 La destinata sua vita consuma.
100     Te più mite disio, cura più dolce
101 Regge nel fior di gioventù, nel bello
102 April de gli anni, altrui giocondo e primo
103 Dono Ciel, ma grave, amaro, infesto
104 A chi patria non ha. Te punge e move
105 Studio del vero, e di ritrarre in carte
106 Il bel che raro e scarso e fuggitivo
107 Appar nel mondo, e quel che più benigna
108 Di Natura e del Ciel, fecondamente
109 A noi la vaga fantasia produce
110 E 'l nostro proprio error. Ben mille volte
111 Fortunato colui che la caduca
112 Virtù del caro immaginar non perde
113 Per volger d'anni; a cui serbare eterna
114 La gioventù del cor diedero i fati;
115 Che ne la ferma e ne la stanca etade,
116 Così come solea ne l'età verde,
117 In suo chiuso pensier natura abbella,
118 Morte, deserto avviva. A te conceda
119 Tanta ventura il Ciel; ti faccia un tempo