N35 XXXVII. p. 166

Da wikileopardi.

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52   Discior sentia la misera i ginocchi;
53 E già muggiva il tuon simile al metro
54 Di torrente che d’alto in giù trabocchi.
55   Talvolta ella ristava, e l’aer tetro
56 Guardava sbigottita, e poi correa
57 Sì che i panni e le chiome ivano addietro.
58   E il duro vento col petto rompea,
59 Che gocce fredde giù per l’aria nera
60 In sul volto soffiando le spingea.
61   E il tuon veniale incontro come fera,
62 Rugghiando orribilmente e senza posa;
63 E cresceva la pioggia e la bufera.
64   E d’ogni intorno era terribil cosa
65 Il volar polve e frondi e rami e sassi,
66 E il suon che immaginar l’alma non osa.
67   Ella dal lampo affaticati e lassi
68 Coprendo gli occhi, e stretti i panni al seno,
69 Gia pur tra il nembo accelerando i passi.
70   Ma nella vista ancor l’era il baleno
71 Ardendo sì, ch’alfin dallo spavento
72 Fermò l’andare, e il cor le venne meno.
73   E si rivolse indietro. E in quel momento
74 Si spense il lampo, e tornò buio l’etra,
75 Ed acchetossi il tuono, e stette il vento.
76   Taceva il tutto; ed ella era di pietra.