SI17 Inno a Nettuno d'incerto autore p. 11

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et ideo dicitur equum invenisse, quia velox est ejus numen et mobile
sicut mare =. L’autorità d’Ovidio, Metamorfosi libro VI, favo-
la 3, è controversa. Egli dice descrivendo una tela tessuta da Pallade:

           = Stare Deum pelagi longoque ferire tridente
              Aspera saxa facit, medioque e vulnere saxi
              Exsiluisse ferum, quo pignore vindicet urbem =.

Ma altri sostiene che per = ferum = si ha a leggere: =
fretum =. Stazio, Tebaide libro XII non parla di cavallo, ma
di mare:

           = Ipse quoque in pugnas vacuatur collis, ubi ingens
              Lis superum, dubiis donec nova surgeret arbor
              Rupibus, et longa refugum mare frangeret umbra =.

Ma il suo comentatore Lattanzio Placido scrive così: = Acropolin
dicit arcem Athenarum de qua Neptuno et Minervae dicitur fuisse cer-
tamen. Percussa Neptuno terra equum dedit indicium belli; Minerva
vero olivam pacis insigne =. Benedetto Averani nelle sue Disser-
tazioni tiene anch’esso dal cavallo. Quest’Inno avrebbe potuto
somministrargli una prova di più, molto valevole, se egli l’avesse
conosciuto.

               (7)      Onde a te diero i fati
                          I cavalli domar veloci al corso.
                          . . . . . . . . . . . . . . . . . .
                          . . . . . . . . . . . . . E primo
                          Tu de la terra scotitor possente,
                          A’ chiomati destrieri il fren ponesti…

    È noto che gli antichi teneano Nettuno per Dio non solo del
mare, ma anche dei cavalli, dei cavalieri e dell’arte equestre,
della quale Sofocle, Pausania nel libro VII e, a quel che sem-
bra, il nostro poeta lo fanno inventore. Panfo Ateniese, antichis-
simo scrittor d’Inni, lo chiama presso Pausania ἵππων δοτῆρα =
dator dei cavalli =; e Pindaro nell’Ode Olimpica XIII, Δαμαῖον
πατέρα = Padre domatore =, e nella quarta Pitica, Ἵππαρχον, che
è quanto dire, Principe de’ cavalli, o de’ cavalieri. Omero finge
che Nettuno donasse a Peleo i cavalli che poi furono di Achille.
Nestore nel libro XXIII della Iliade dice ad Antiloco:

      Ἀντίλοχ᾽, ἤτοι μέν σε νέον περ ἐόντ᾽ ἐφίλησαν
      Ζεύς τε Ποσειδάον τε, καὶ ἱπποσύνας ἐδίδαξαν
      Παντοίιας
                                                = Alcerto
      Benchè garzon sii tu, Giove e Nettuno,
      Antiloco, t’amaro, e l’arti equestri
      T’insegnar tutte =.